Prendo in prestito un aforisma di Aaron Haspel per rendere chiaro fin dall’inizio come la penso: “If suffering ennobles, does joy degrade?” Tradotto: ” Se la sofferenza nobilita, la gioia degrada?”
Nessuno si spaventi, non voglio lanciarmi in considerazioni filosofiche sul pensiero di Agostino d’Ippona, che distingueva il male metafisico, il male morale e il male (dolore) fisico. Molto più banalmente vorrei affrontare il tema legato alla propaganda che spinge al consumo di farmaci antidolorifici.
L’esperienza del dolore (mi riferisco a quello fisico) ci tocca tutti, pur se in misura diversa per intensità e frequenza. Allo stesso tempo è evidente come possano essere differenti le soglie di tolleranza di ognuno di noi, non solo in base a meccanismi biochimici ma, certamente, anche in relazione all’esperienza vissuta.
Il dolore è, comunque, un meccanismo di difesa dell’organismo: ci segnala un problema, un potenziale pericolo, avvisa di qualcosa che non va. Per sfruttare al meglio questa caratteristica non esclusiva degli esseri umani, ma legata a un sistema nervoso evoluto, serve una certa educazione perché i segnali che l’organismo trasmette vanno interpretati e collegati alle cause che li originano. Se è banale ricondurre il dolore provato sui polpastrelli delle dita di una mano al contatto con un corpo troppo caldo, tanto che immediatamente la si ritrae, non altrettanto facile è individuare il motivo di un mal di testa. Di certo non è d’aiuto la pubblicità dei farmaci che quotidianamente passa sugli schermi della televisione o sulle pagine web, anzi, ciò cui si assiste è un vero e proprio martellamento mediatico che, sempre più, assimila il farmaco ad un prodotto di largo consumo. Così, la “spinta” a usare i cosiddetti farmaci da banco (per i quali non è necessaria la prescrizione medica) segue senza scrupoli i principi del marketing; il messaggio deve essere persuasivo e deve indurre al consumo. A tale fine la campagna pubblicitaria si centra su qualche slogan che deve colpire emotivamente mentre l’informazione, anche se si tratta di farmaci, risulta superflua. Quindi, si parte con la frase chiave …. “I bei momenti non possono aspettare” abbinata all’immagine di una testa di un uomo compressa da una morsa che si allenta solo dopo l’ingestione della pillola risolutrice. Si passa a un altro spot in cui è addirittura la figura adulta dell’allenatrice che propone il farmaco alla giovane atleta irritata dalla coincidenza tra la sua gara e un mal di testa da ciclo mestruale. Naturalmente, in seguito all’assunzione, il mal di testa passa in tre minuti e la ragazza taglia il traguardo per prima. Il medicinale in questo caso impacchettato nella confezione rosa è a base di ibuprofene. Ma “I mal di testa non sono tutti uguali” ed ecco la proposta di confezioni di colore diverso a seconda dell’origine del disturbo (4 diverse colorazioni delle confezioni per due principi attivi: ibuprofene e naprossene).
I possibili acquirenti sono tanti così un altro annuncio recita: “ Quando hai un fastidio insistente perché tenertelo?” Le immagini scure caratterizzate da una goccia che cade ritmicamente sul capo di una giovane donna, di colpo si rischiarano con l’effetto della compressa, la donna sorride e il mal di testa è svanito; potrà cosi abbracciare il giovane uomo che l’attende con una rosa in mano in un locale trendy.
Non sono le uniche varianti, infatti, esiste pure la versione “Act” da pronunciare con un’A aspirata alla tedesca, in questo caso si tratta di “tecnologia liquida” ideale per business man che viaggiano frequentemente in aeroplano; un rimedio veloce contro il mal di testa forte. Lo slogan è accompagnato da un ritornello che ripetendo il nome commerciale del farmaco sottolinea che l’azione è rapida si tratta solo di aspettare qualche moment.
Per coprire tutti i possibili target non poteva mancare la versione “molli”, riferita alle capsule, in questo caso i protagonisti dello spot sono tutti giovani ventenni.
Nella pubblicità di un’altra azienda (non vorrei che qualcuno pensasse che ce l’abbia con una casa farmaceutica in particolare), la scena inquadra lui è sul divano che si lamenta, lei pimpante sta per uscire, si devono rivedere più tardi così lei lascia sulla scrivania la scatoletta con compresse a base di ketoprofene invitandolo a provarne una. Nella sequenza successiva i due si abbracciano mentre, spensierati, vanno a spasso nel parco con il loro cane.
Sulle pagine web di una di queste “ case” farmaceutiche alla voce “quale mal di testa” si trovano, pur se defilate e descritte con caratteri rimpiccioliti, le possibili cause che sarebbero poi quelle su cui centrare l’attenzione. Le riporto perché nella loro banalità illustrano l’entità del business di cui sono involontaria origine: stress, stanchezza fisica, raffreddamento, eccesso di bevande alcoliche, mancanza di sonno, cattiva digestione, eccessiva esposizione al pc (inteso come strumento informatico), sono queste le ragioni più frequenti delle cefalee.
Credo che quanto scritto sopra espliciti in maniera chiara il messaggio base: ogni qualvolta il dolore si presenti deve essere immediatamente eliminato per non perdere i “bei momenti” che ci riserva la vita …. Non c’è alcun invito ad ascoltare il proprio organismo ma induzione al consumo di antidolorifici analgesici anche in casi in cui se ne potrebbe fare tranquillamente a meno.
La pubblicità di medicinali veicolata sugli schermi TV non è una novità, per chi fosse interessato, nelle note di fondo pagina, segnalo alcuni esempi 1) riferiti agli anni 60’ e 70’. Mi pare, però, di poter sostenere che difronte agli indubbi progressi della ricerca in campo farmaceutico nell’arco di mezzo secolo non si possa rilevare un parallelo sviluppo degli aspetti dello “star bene” più strettamente legati allo stile di vita. Anzi, oggi l’unica preoccupazione pare quella di allargare il mercato. A questo proposito sottolineo che in una pubblicità di qualche anno fa lo spot si concludeva con la frase “non somministrare sotto i 15 anni”, mentre, giusto l’altro giorno, ho ascoltato un messaggio pubblicitario che spostava il limite ai 12 anni. Fatto insopportabile quando già si verifica un abuso di farmaci soprattutto tra le giovani generazioni. In effetti, il target di queste campagne è fin troppo evidente, visto che l’età dei soggetti rappresentati negli spot non supera i 35 anni. Il possibile danno non risiede, però, solo nei numerosi effetti collaterali che il singolo medicinale può determinare ma riguarda la concezione stessa di una società in cui in nome della velocità e dell’efficienza si sponsorizza qualsiasi intervento che possa agire sugli effetti dello “star male” senza preoccuparsi di individuarne e risolverne le cause. Non si deve perdere il ritmo, “ci sono momenti che non possono aspettare”, non serve alcuna elaborazione di pensiero, infatti, alla domanda: “E il tuo mal di testa? “ Segue la risposta: “E chi se lo ricorda più”.
Poco conta se, in omaggio al mercato internazionale, con il codice QR stampato sulla confezione si può leggere il foglio illustrativo nella propria lingua (ce ne sono ben dieci a disposizione). Vista la modalità velocemente ipocrita con cui viene recitata la frase “può avere effetti indesiderati anche gravi, leggere attentamente il foglio illustrativo” in coda agli annunci televisivi, saranno pochi i consumatori disposti a studiare il bugiardino.
Per concludere, qualche dato dall’ultimo rapporto Os Med dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)2) . Nel 2015 la spesa farmaceutica totale, pubblica e privata, è stata pari a 28,9 miliardi di euro, di cui il 76,3% rimborsato dal SSn (servizio sanitario nazionale). In media, per ogni cittadino italiano, la spesa per farmaci è ammontata a circa 476 euro.
La spesa farmaceutica territoriale complessiva, sia pubblica che privata, è in aumento rispetto all’anno precedente del +8,9% ed è stata pari a 21.778 milioni di euro. I prodotti di cui ci siamo occupati in questo articolo rientrano nella categoria dei medicinali di automedicazione per cui si è registrato un aumento di spesa del (+4,7%) .
Come dire…. insieme al mal di testa spariscono un bel po’ di soldi e si consolida l’idea che si possano “curare” gli effetti senza mai eradicare le cause così ….. se al posto del mal di testa mettiamo la povertà, lo sfruttamento, la disuguaglianza, la discriminazione, il gioco è fatto.
MarTa
1) Amaro giuliani https://www.youtube.com/watch?v=UulWY4281Hg,
Euchessina https://www.youtube.com/watch?v=jkPe0liebJ0,
Alka Seltzer https://great-ads.blogspot.it/2012/08/11-classic-alka-seltzer-ads.html
confetti Falqui https://www.youtube.com/watch?v=Zp8lF92MZT8
2) http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/Rapporto_OsMed_2015_AIFA_acc.pdf